Era il lontano 1958 quando, alcuni ragazzi di Montalcino, ebbero l’idea di creare una festa che attraesse turismo nella città. Così nacque la Sagra del Tordo. Il nome e l’intera festa che, ad un primo sguardo, potrebbero risultare lontane dalla realtà e fuori contesto - soprattutto perchè, in seguito al divieto di cacciare il volatile a cui la manifestazione è dedicata, non è più possibile gustarne negli stands gastronomici allestiti dai Quartieri Borghetto, Pianello, Ruga e Travaglio - in realtà traggono le proprie origini dall’antica tradizione venatoria del territorio di Montalcino. Sulla collina infatti, dove gli oliveti si alternano ai vigneti ed ai boschi di macchia mediterranea, ad ottobre è più intenso che in altri luoghi, ora come un tempo, il flusso degli uccelli migratori provenienti dal nord ed in particolare dei tordi. Ma non è finita qui. All’istituzione della Sagra del Tordo e soprattutto al motivo per cui questa festa è stata dedicata a questo volatile di passo, si ricollega ad una antichissima e curiosa leggenda, tramandata a voce nella zona e legata a Caio Mecenate della gente Cilnia, il consigliere e amico dell’imperatore Cesare Augusto e colui che teneva aperta la sua casa ai poeti e artisti, tanto che il suo nome diventò il simbolo di protettore delle arti. Mecenate era figlio di un agricoltore, che abitava ad Arretium, l’attuale Arezzo. Non si conoscono i motivi per cui egli, ad un certo momento della sua vita abbandono Arezzo, ma si dice che andò a rifugiarsi nel castello di Montalcino e vi prese dimora stabile, forse perchè si era innamorato della bellezza del luogo e della sua salubrità. Egli fu anche colpito dalla quantità di degli uccelli e specialmente dei tordi che popolavano i boschi delle due vallate dell’Ombrone e dell’Orcia. Da uomo molto pratico pensò di sfruttare questa ricchezza ornitologica e, ingaggiati numerosi schiavi, recinse con sottili reti di filo di lino una vasta superficie di terreno a bosco ed in esso curò personalmente con accorgimenti vari l’allevamento dei tordi. Questi non volano molto in alto, quindi non è difficile imprigionarli. Quando si furono moltiplicati ne fece abbondanti prese per mezzo dei lacci (antico modo di cacciare volatili). Tali prese si fecero sempre più cospicue tanto che il padre di Mecenate ne mandava notevoli quantità alla non lontana Roma, servendosi del figlio come accompagnatore e venditore. L’aristocrazia dell’Urbe come si sa, era molto ghiotta e pagava bene i tordi. Poi in quell’epoca incominciavano i lauti banchetti all’orientale e gli aristocratici tenevano molto ad offrire alle loro bocche ed a quelle dei propri ospiti saporitissimi tordi che furono sempre più ricercati e più pagati. In tal modo Mecenate prese contatto col mondo romano ed accumulò quei capitali che lo resero in seguito uno dei personaggi più importanti dell’impero. Non è possibile accertare cosa ci possa essere di vero in tale leggenda. Documenti che in qualche modo o in qualche parte lo confermino non si conoscono. Comunque sia, anche la curiosa leggenda conferma il privilegio che la zona di Montalcino ha avuto con l’abbondanza dei tordi nei suoi boschi.
dati a cura di 3BMeteo
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