“Cronisti in Classe” by La Nazione: si parla di lessico montalcinese

Sono i ragazzi delle classi seconde della scuola secondaria di primo grado di Montalcino ad aver partecipato all’ultima sfida di “Cronisti in classe”, il concorso indetto dal quotidiano “La Nazione” con articoli sull’evoluzione della lingua e sul lessico montalcinese. Gli alunni, che, come fanno sapere le insegnati che hanno curato il progetto - Lorenza Granai e Francesca Pacenti - hanno lavorato con entusiasmo e impegno, si sono documentati su testi di autori locali e hanno riscoperto espressioni che fanno parte dell’identità di Montalcino. Un aspetto interessante, per i ragazzi, è stato anche sperimentare il confronto generazionale intervistando l’ex sindaco della culla del Brunello Ilio Raffaelli, che ha rivelato ai ragazzi curiosità su modi di dire e giochi di un tempo. A partecipare al progetto sono: Caselli Livia, Fabbri Arturo, Formiconi Noemi, Galletti Lorenzo, Hidri Islam, Intrieri Elena, Morandini Eva, Petrini Tommaso, Rappuoli Aurora, Regoli Daniel, Saggese Pasquale, Sesti Neri, Supnet Ariana. Amarante Costanza, Bernazzi Natasha, Chinnici Maria Stella, De Leon Shanel, Generali Sabrina, Giacona Rosa, Giorni Aurora, Mabrouk Achraf, Pallari Sofia, Pinti Sara, Rabissi Matteo, Regoli Alexandru, Romano Mirko, Simi Martina, Suke Elemin.

Focus - Gli articoli che hanno partecipato al Concorso di La Nazione
Intervista a Ilio Raffaelli: Passaparola
Per il nostro approfondimento linguistico locale abbiamo intervistato Ilio Raffaelli, montalcinese doc, sindaco del Comune dal 1960 al 1980. Tra i vari libri da lui pubblicati, particolarmente interessante è “Creatività popolare montalcinese”, incentrato su parole, giochi e attività ormai scomparse.
Come Le è venuta l’ispirazione per scrivere questo libro?
Volevo che nel tempo si ricordassero i modi di dire montalcinesi, che io considero a  tutti gli effetti “storia”.
Se non avesse avuto origini montalcinesi, avrebbe fatto lo stesso lavoro per un’altra città?  No, perché per scrivere il libro ho ripreso molti termini da documenti antichi di Montalcino e intervistato gli anziani del paese.
Ci può riferire qualche detto o proverbio particolarmente curioso?
“Se febbraio non ferra, marzo spella” (se febbraio non è freddo, di marzo ci saranno brutte malattie). “Cambià l’asino a’ poponi” (affare fatto male).
Quali giochi facevano i nostri nonni ?
Uno dei giochi che facevamo da ragazzi e ricordo ancora con piacere si chiamava “Usse”. Veniva giocato per la strada con un sasso (usse) sopra il quale veniva messa la posta in gioco che poteva essere di 5, 10 centesimi a giocatore. La conta stabiliva chi doveva tirare per primo sull’usse con una piccola lastra di pietra o di ferro dalla distanza di 10, 12 metri. Vinceva colui che riusciva a collocare la propria lastra più vicino ai centesimi.
Tutto ciò ricorda quella che è stata la vita dei nostri nonni, una ricchezza che non possiamo perdere.

Lessico montalcinese: L’identità di un paese attraverso le parole

Un testo di fondamentale importanza per tutti noi montalcinesi è senza dubbio “Lessico montalcinese”, saggio sulla tesi di laurea del Professor Alceste Angelini, ripubblicato a cura del Quartiere Travaglio nell’anno 2000. Nato nel 1920, visse a Montalcino nella casa dei nonni materni fino alla sua adolescenza. Frequentò le scuole superiori a Siena, dove imparò il latino e il greco, si iscrisse poi alla Facoltà di Lettere a Firenze. Qui conobbe artisti e poeti come Carlo Emilio Gadda, Eugenio Montale, Mario Luzi e Alfonso Gatto, con i quali frequentò spesso il caffè “Giubbe Rosse” di Firenze e condivise gli studi. Più tardi si laureò, pubblicò il suo primo libro e cominciò a insegnare. Restano memorabili e ancora in uso alcune sue traduzioni di opere classiche. E’ morto nel 1994. Dal suo “dizionario montalcinese” abbiamo ripreso alcuni termini, a noi sconosciuti, particolarmente curiosi che riportiamo di seguito: traccagnone (lento nel muoversi), babbalèo (sciocco, babbeo),  bècio (schifo), bioccà (nevicare), grattacacia (grattugia), commenda (casa di riposo per anziani), grénno (moccico), lezzo (nervosismo), gnamo (andiamo),  locco (stupido), ruzzaione (che ha sempre voglia di giocare). Nella sua pubblicazione l’autore sottolinea inoltre l’abitudine dei montalcinesi a far “sparire” la lettera “u” quando è vicino alla “o” ad esempio “foco” e “bono”.Questo testo ci fa capire come la lingua sia una “cosa viva”, che si evolve, e allo stesso tempo l’importanza della conservazione dei termini antichi, come arricchimento del nostro lessico altrimenti sempre più “globalizzato”.

Sos lessico italiano: L’evoluzione della lingua e l’introduzione di nuove parole
La prima unificazione linguistica in Italia si ebbe al tempo di Augusto: il latino si affermò su tutti i popoli italici seppure con delle differenze dal  Nord al Sud.
Tra il V e il X secolo il latino volgare si trasformò in tante parlate locali da cui ebbero origine i dialetti. All’inizio la lingua volgare era solamente parlata dal vulgus, cioè il popolo, poi agli inizi del IX secolo venne usata per scrivere testi. Il più antico documento scritto in volgare italiano è l’Indovinello Veronese.
Nel Trecento il volgare fiorentino cominciò a imporsi sugli altri volgari italiani. Tre furono i motivi di questa egemonia: la somiglianza del fiorentino con il latino, il primato economico della Toscana, e soprattutto, la sua vitalità culturale.
Alla diffusione del volgare fiorentino contribuirono  i più importanti poeti del Trecento:  Dante, Petrarca e Boccaccio. Nel 1440 Leon Battista Alberti scrisse la prima grammatica in volgare fiorentino.
La lingua italiana è in continua evoluzione e trasformazione grazie alla nostra capacità di aprirsi alle frontiere linguistiche e agli scambi internazionali. Le parole che noi abbiamo adottato dalle altre lingue, sono ormai entrate a far parte del nostro linguaggio quotidiano, basti pensare ai termini come: week-end, computer, yoghurt, personal trainer  e croissant.
I letterati dell’Accademia della Crusca, come Giovan Battista Deti (il Sollo), Anton Francesco Grazzini (il Lasca) e Lionardo Salviati (l’Infarinato) scrissero il primo vocabolario della lingua italiana per distinguere la lingua colta dalla lingua del popolo e dai dialetti. Quando i nostri nonni sentono pronunciare da noi giovani parole in altre lingue sbarrano gli occhi  come se queste fossero parole impronunciabili.
I giovani d’oggi per far prima o per pigrizia nei messaggi abbreviano spesso le parole contraddicendo il puro linguaggio italiano e commettendo degli “orrori” grammaticali. Alcuni esempi sono: perché (xke), come (cm), ti voglio bene (t.v.b), non (nn) e comunque (cmq). Se mettiamo a confronto i dizionari più antichi con gli attuali, vediamo come alcune parole usate in passato siano scomparse dal nostro linguaggio e come  le pagine dedicate alle lettere straniere come la “k”, la “j” e la “y” si siano moltiplicate. Le nuove parole si chiamano neologismi. Il lessico montalcinese non è proprio un dialetto, alcuni linguisti affermano che la nostra tipica “c” aspirata nella ribadita frase “la coca-cola con la cannuccia corta corta” provenga addirittura dall’antica civiltà degli Etruschi. Possiamo concludere sostenendo che ogni dialetto non deve essere visto come un linguaggio dispregiativo, ma come una tradizione portata avanti fedelmente nei secoli.

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