A Jacopo il testimone della famiglia Biondi Santi

Jacopo Biondi Santi “Il Greppo, dove è nato, nell’Ottocento, il Brunello di Montalcino, è “la” tradizione, e non si cambierà una virgola di quanto fatto e custodito fino ad oggi da mio padre Franco e dai nostri antenati”. Parola di Jacopo Biondi Santi, figlio del “custode” del Brunello di Montalcino, Franco Biondi Santi, e che da ieri ha anche ufficialmente e legalmente raccolto il testimone di Franco “come amministratore unico della Tenuta Greppo e come successore in linea diretta di mio padre, imprenditore agricolo a titolo principale”, spiega, in anteprima a WineNews, uno dei siti più cliccati dagli amanti del buon bere, quello che sarà il cammino, da oggi in poi, di una delle famiglie più importanti del vino italiano, da quando Ferruccio Biondi Santi, nell’Ottocento, inventò il grande rosso toscano, poi diventato il vino italiano più famoso nel mondo. Ma che racconta anche, in un incontro con WineNews nella tenuta di famiglia, quale sarà il futuro di se stesso come produttore di vino, che quel ruolo di “custode” della storia del Brunello lo ha ereditato, ma che non rinuncia a quella voglia di ricercare e sperimentare - cosa che continuerà a fare nel suo Castello di Montepò, cantina che possiede in Maremma - propria della famiglia fin dai tempi di Clemente Santi che, già nel 1867, per il suo Moscatello di Montalcino, fu premiato all’“Esposizione Universale” di Parigi (riconoscimento straordinario perché a quell’epoca i francesi si consideravano gli unici produttori al mondo di vini di qualità, ndr), e da cui il nipote Ferruccio ereditò la passione per il vino. “Due linee parallele - spiega Jacopo Biondi Santi - la tradizione e l’innovazione, che cammineranno in armonia, ma completamente separate”.
Nel “caveau” del Greppo, dove riposano le Riserve di Brunello della cantina, dalle inestimabili 1888 e 1891, passando dal 1925, 1945, da quel 1955 che per l’importante rivista Usa “Wine Spectator” è stato l’unico italiano degno di stare tra i 12 migliori vini del Novecento, ed ancora 1964, 1970, 1975 e, via via, fino ad oggi, Jacopo Biondi Santi, racconta, per la prima volta, i progetti per il futuro: “a Montalcino andremo avanti con assoluta continuità: il nostro Brunello sarà sempre lo stesso, con la stessa metodologia di produzione, con uve dalle nostre vigne di BBS/11 (Brunello Biondi Santi, vite n. 11, ndr), il clone di Sangiovese che venne tipizzato dal mio bisnonno Ferruccio Biondi Santi, che è qui da 200 anni e la cui storicità è garantita anche dal tramandarsi di piante madre-figlia, e il marchio in bottiglia sarà sempre lo stesso. Difenderò questo patrimonio storico e qualitativo con la stessa dedizione e tenacia con cui lo ha fatto mio padre Franco”.
“La sperimentazione scientifica e tecnologica - precisa Jacopo Biondi Santi a WineNews - anche “esasperata”, e per produrre tutt’altro tipo di vini, peraltro già affermati come lo Schidione, continuerò a farla da tutt’altra parte, in Maremma, nel Castello di Montepò, dove già dal 1990 ho condotto una ricerca sulla microzonazione che, peraltro, convalida in maniera scientifica il concetto di cru alla francese, dato che si è dimostrato, studiando lo stesso clone BBS/11 che ho portato da Montalcino, come la microzona cambi effettivamente le caratteristiche dell’uva, e, quindi, del vino”. Nel futuro del nome Biondi Santi, dunque, vicine ma molto ben distinte, cammineranno, da un lato la tradizione, da difendere e conservare a Montalcino, tra le mura dove un vino-mito come il Brunello è nato e tra le vigne dove è davvero unico, “dove il Sangiovese - spiega Jacopo Biondi Santi - non è “un Sangiovese” ma il clone specifico selezionato dalla mia famiglia di cui, per altro, porta il nome”; dall’altro, l’innovazione, “la sperimentazione, portate avanti in Maremma, con quello spirito di ricerca che è proprio della storia della famiglia, e senza il quale, probabilmente, 200 anni fa non sarebbe nato neanche lo stesso Brunello”.

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