Il caso di Fra Giovanni Moglio giustiziato in Campo dei Fiori

Campo dei Fiori stampaCorreva l’anno 1553 e, il 5 settembre, in Campo di Fiori a Roma, Fra Giovanni Moglio fu giustiziato per eresia.
A raccontare gli ultimi attimi della vita del frate di Montalcino, è una lettera pubblicata a Strasburgo nel 1554 e scritta dalla mano di Theodore Elze, o almeno a lui attribuita.
Ma partiamo dall’inizio. Giovanni Buzio detto Moglio, o Mollio, nacque a Montalcino all’inizio del Cinquecento nell’ordine dei francescani conventuali. Uno spirito indagatorio spinse il frate a frequentare alcuni circoli religiosi italiani tra cui i valdesiani di Napoli. Intorno al 1540 subì un primo arresto all’indomani della sua conversione al luteranesimo, al quale seguì quello del 1552 che lo condusse a Roma. Qui fu portato difronte all’Inquisizione Romana del futuro papa Paolo IV (1555 – 1559) allora cardinale Giovanni Pietro Carafa.
Grazie alla testimonianza di Elze si evince che il processo si svolse nella chiesa romana di Santa Maria sopra Minerva, roccaforte dei domenicani soprannominati “Domini Canes” (i cani del Signore) per la loro sollecitudine contro gli eretici. Sempre attraverso gli scritti di Theodore Elze sappiamo anche che furono processati 11 uomini e che soltanto in 2, un certo tessitore di seta, “Perusinus” e Moglio, nominato “Montalcinus”, non furono prosciolti dalle accuse e ricondotti in carcere in attesa della sentenza di condanna a morte. Il tessitore fu impiccato per aver dichiarato di non credere al Purgatorio né all’assoluzione dei peccati e per aver sostenuto che il Papa non era il rappresentante di Dio in terra, ma, al contrario, l’anticristo in persona. Fra Giovanni, invece, considerato un abile predicatore e quindi molto pericoloso, fu prima impiccato e poi arso.
Poco prima di morire, Moglio, chiese di poter parlare in pubblico e ribadì le proprie idee sull’impossibilità di poter considerare quella cattolica l’unica vera Chiesa in quanto tutte riconoscono Cristo come figlio di Dio.
Le sue dichiarazioni, racconta Elze nel suo scritto, da alcuni furono accolte come un grande segno di fede, da altri, invece, un eretico e corrotto che voleva dare un’ultima ulteriore conferma del suo essere un eretico.

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