S.Angelo in Colle, a rischio il patrimonio artistico

La Madonna attribuito a Pietro Lorenzetti, finora custodito nella chiesetta della Madonna a S. Angelo in ColleSant’Angelo in Colle rischia di non riavere più il dipinto della Madonna attribuito a Pietro Lorenzetti, finora custodito nella chiesetta della Madonna, costruita alla fine del XIX secolo probabilmente proprio per custodire l’opera d’arte in questione. Che adesso è stata presa dalla Soprintendenza per necessità di restauro e difficilmente sarà restituita alla comunità. Il motivo? Mancano le condizioni di sicurezza e fruibilità che, invece, garantirebbe la sua collocazione nel museo di Montalcino.

“L’unica soluzione è in un’assunzione di responsabilità comunitaria. Quelli che sono interessati alla gestione e valorizzazione del patrimonio artistico e tradizionale del paese, incluso quello religioso, dovrebbero anzitutto parlarne tra di loro, mettere in discussione le diverse ipotesi, chiamare le autorità comunali e di soprintendenza a studiare soluzioni che non si basino sull’espropriazione del paese, ma sul suo contrario. Invece il tema non viene affrontato. E se non si affronta si terrà tutto chiuso”, spiega Enzo Caputo, economista romano che risiede da anni a Sant’Angelo in Colle. Caputo, un paio di anni fa, aprì una pagina Facebook per stimolare discussioni intorno a questo piccolo paese nel comune di Montalcino. Proprio qui, nei giorni scorsi, è apparso il post in cui viene lanciato l’appello sul dipinto della Madonna. “Credo che qualcosa si possa ancora fare per riaverla – sottolinea Caputo a MontalcinoNews – ma serve dare delle garanzie alla Soprintendenza, che ha perfettamente ragione. Se nessuno controlla, o si mette a disposizione per far vedere l’opera ai visitatori, non ha senso tenerla lì. Nessuno ne usufruisce, tranne in alcuni giorni a maggio quando viene aperta la chiesa”.

Chiesa di San Michele Arcangelo a Sant'Angelo in ColleIl problema, prosegue Caputo, è più ampio e coinvolge anche le altre costruzioni religiose. “La chiesetta di San Pietro è stata messa in sicurezza riparando il tetto, grazie al contributo dei paesani, anche se pochi ne sono a conoscenza. D’altra parte, però, non ci sono ipotesi per possibili usi di quel luogo. La chiesa grande di San Michele finora è stata aperta e chiusa quotidianamente dal caro Giuliano, che si occupa anche degli oneri di sagrestia. Non riesce più a suonare le campane e chiede da tempo che si alleggeriscano i suoi compiti perché non riesce ormai a farsene carico. Giuliana ed altre anziane signore si occupano con devozione delle pulizie e degli addobbi, ma anche per loro l’impegno è sempre più difficile da sostenere. C’è il rischio che anche su San Michele, la Soprintendenza o altri al suo posto intervengano con la legittima richiesta di metterne al sicuro il patrimonio ed assicurarne la fruibilità”.

Un’idea potrebbe essere quella di offrire un alloggio a una famiglia che si occupi dell’apertura regolare della chiesa principale e di quella occasionale delle due chiesette. “Se non bastasse un affitto, il Comune potrebbe creare un posto di lavoro per la gestione del patrimonio artistico - aggiunge Caputo - altre iniziative complementari potrebbero essere studiate e sostenute. Queste iniziative potrebbero essere inserite nel quadro di un progetto di valorizzazione del borgo da sostenere, tra l’altro, con i fondi del Pnrr, che ha una sezione specifica dedicata. Le idee non mancano, ma bisogna affidarsi alla partecipazione dei paesani, bisogna discuterne apertamente e assicurare il sostegno ideale e materiale dei più, perché le strade dell’interlocuzione personale e del notabilato non portano da nessuna parte”.

Enzo Caputo, economista dello sviluppo originario di Napoli e cresciuto a Roma, una decina di anni fa ha chiuso la sua società di consulenza, ha venduto la casa nella Capitale e ha deciso di passare la sua nuova fase della vita (non è corretto dire pensione visto che continua in parte a lavorare, collaborando tra l’altro con la Commissione europea e la Banca Mondiale) in Val d’Orcia, dove per trent’anni aveva condiviso con alcuni amici un casale. “Un po’ è il mio mestiere, perché mi sono occupato di sviluppo associativo in diverse parti del mondo. Un po’, avendo a che fare con questi problemi da vicino, mi piacerebbe contribuire a risolverli”.

Chiunque volesse intervenire nel dibattito può inviare una e-mail all’indirizzo santangeloincolle@gmail.com o commentare sulla pagina Facebook dedicata.

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