Fabiano Ciacci, il vignaiolo-scrittore

Fabiano Ciacci, il vignaiolo-scrittore di MontalcinoDalla vigna alla carta stampata, dalla cantina al palco di uno dei concorsi letterari più prestigiosi d’Italia. Fabiano Ciacci, proprietario dell’azienda di Brunello Il Valentiano, ha vinto la medaglia di bronzo all’edizione n. 40 del “Premio Firenze”. La cerimonia si è tenuta il 16 dicembre nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, nel capoluogo di regione, sotto l’Alto Patrocinio del Parlamento Europeo.

“Questo saggio di sintesi di un giovane quanto rigoroso ricercatore costituisce una piacevole sorpresa per l’ampiezza della documentazione, la maturità di giudizio e soprattutto per il desiderio di esaminare “la questione del confine nord-orientale” senza indulgere a slogan e generalizzazioni. Per l’onestà intellettuale e la ricchezza dell’argomentazione, “Foibe” è un esempio di come ci si possa accostare a una tematica scottante anche per le sue implicazioni politiche senza indulgere ad alcun partito preso”. Con queste motivazioni la giuria ha premiato con il terzo posto nella categoria saggistica “Foibe. La questione del confine nord-orientale” (Extempora Edizioni), volume che Ciacci ha scritto nel 2021 e che approfondisce una questione da lui scoperta per la prima volta all’università. “Adesso è diverso, ma trent’anni fa a scuola di Foibe non si parlava”, spiega Ciacci a MontalcinoNews. “Quando ho pensato di scrivere un libro? La passione l’ho sempre avuta, ma il tempo no. Mai avrei pensato di vincere un premio così importante, tra l’altro in un’edizione record con tanta concorrenza, visto che hanno partecipato in più di 600. Due anni fa sono stato ospite della Giornata del Ricordo organizzata dal Comune di Monopoli e ho saputo che in un liceo della zona un professore aveva adottato il mio libro come approfondimento per i suoi studenti”. E chissà se in futuro gli verrà voglia di riprendere carta e penna (o meglio, un computer). “L’idea ci sarebbe, sto pensando a qualcosa sul vino. In forma leggera, più incentrata sugli aspetti sociali, sul piacere che dà il vino che non è solo bevanda ma anche cultura”.

Focus: l’introduzione di Ciacci al suo libro sulle Foibe

“Una persona nata nel 1971 che ha frequentato le scuole elementari, quelle medie e le superiori, la cui materia preferita da sempre è la storia, approfondita anche con letture extrascolastiche, sicuramente ritiene di essere abbastanza preparato sulla “storia in generale”. Decide quindi di iscriversi all’università, indirizzo storico, inizia i corsi ed un giorno ad uno di questi sente pronunciare da un docente una parola nuova: foibe! “Ma senti questo, si inventa perfino dei neologismi durante le lezioni”, pensa l’ignaro, ma il docente va avanti, non si tratta solo di un neologismo ma di un intero argomento di fantasia, “o non era un corso di storia vero questo?” Quell’ignaro ero io, fino ad allora non avevo mai sentito la parola Foibe. Possibile? Sì, possibile. E pensare che la mia maestra delle elementari era un’insegnate Straordinaria (la S maiuscola è voluta), e anche gli insegnanti avuti alle scuole medie e superiori non erano affatto male. E allora perché io non sapevo nulla? La questione meritava un approfondimento, ed è ciò che ho fatto. L’argomento indicato con il termine “foibe” va compreso partendo dal complesso e delicato sistema di relazioni esistente tra le diverse etnie che abitavano i territori della Venezia Giulia fin dal lontano ‘800, inaspritosi poi durante il ventennio fascista e culminato negli eccidi delle foibe e nella diaspora dei giuliano-dalmati. Ma questo non basta a spiegare perché quell’indotto studente non avesse mai sentito la parola foibe. Va perciò indagato il sistema di relazioni internazionali tra Stati determinatosi dopo la Seconda guerra mondiale e analizzato il contesto politico della Repubblica italiana dalla sua nascita ai giorni nostri per dare una risposta ai tanti italiani che non solo non hanno, o non avevano, mai sentito la parola foibe, ma in alcuni casi ignorano pure l’esistenza dell’Istria (figuriamoci se sanno, o sapevano, che una volta era una regione d’Italia). Esagerato? Non credo, e se volete potete fare la prova del nove: chiedete al primo che passa se sa qual è il vero nome della città croata Rijeka; se vi risponderà Fiume allora chiudete pure questo libro, ma se non lo farà forse di seguito sono raccontate delle cose che potrebbero interessarvi. Pertanto, ligio alla regola del contrappasso, io che delle foibe non ne sapevo nulla mi appresto a raccontarne la storia”.

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