Un ragazzo divenuto simbolo nel territorio di Montalcino della lotta alla liberazione dal nazifascismo, nel segno della libertà e dell’amore verso la sua terra, che ha conosciuto la morte, combattendo l’oppressore, quando era solo un ragazzo: lo scorso 25 aprile, come ogni anno, Montalcino ha celebrato la Festa della Liberazione e, quindi, la figura di Enrico Giannetti, giovanissimo partigiano scomparso per combattere il nazifascismo. In quell’occasione i suoi familiari hanno letto un testo molto toccante, che MontalcinoNews.com ha deciso di pubblicare nella sua versione integrale.
Focus: il testo in onore di Enrico Giannetti
“Dovremmo domandarci che cos’è il coraggio; questa parola, come altre, oggi viene usata con retorica e spesso senza domandarselo. Viviamo nell’epoca dell’apparire. Poco conta ciò che siamo davvero, conta come appariamo al nostro prossimo. E andare controcorrente è difficile, oggi come sempre. E anche in quegli anni terribili, in cui una follia collettiva, aveva portato a dover scegliere: scegliere tra la giustizia e il sopruso, tra la violenza e la pace, tra il lecito e il legale, ma anche e soprattutto tra la vita e la morte. E questo, a 19 anni, non esitiamo a dirlo, è un atto di coraggio sostanziale. E lo è per almeno due ragioni: la prima perché a quell’età si è costruiti per vivere, gioire, amare. La seconda perché per praticare scelte come quelle che fece Enrico Giannetti, facendo sua la lotta al nazifascismo, significò vederci lontano; significò praticare (e sottolineo “praticare”) scelte che ancora oggi sarebbero giuste e coraggiose e lo saranno sempre. Combattere la prepotenza è necessario, anche e soprattutto in tempi come questi, in cui essa è trasversale, nella società, nella politica, nei rapporti interpersonali, insomma nella vita quotidiana di tutti noi. Avrebbe potuto finire lì, una volta liberata Montalcino, invece Enrico si arruolò nell’Esercito di Liberazione per andare a combattere ancora l’oppressore, il fascismo, il nazismo, la prepotenza, allontanandosi dalla sua famiglia, dalle sue sorelle e dai suoi fratelli. E ad Alfonsine trovò la morte il 13 aprile 1945. Queste persone, che come Enrico sicuramente non vorrebbero sentirsi chiamare “eroi”, avevano capito che la vita è un atto d’amore verso gli altri e verso il proprio paese. Noi dobbiamo molto a Enrico e a chi come lui ha combattuto per la Libertà, prima ancora che per il fatto di averci lasciato la vita, perché ci hanno mostrato la via da seguire per creare un mondo nuovo, dove non esistono oppressori e oppressi. E a loro dobbiamo, come debito incancellabile, la memoria di chi sono stati, per noi, per i nostri figli, per i figli dei nostri figli e così via all’infinito, perché nessuno dimentichi, e ciascuno abbia ben presente che per ogni oppressore ci sarà sempre un Enrico Giannetti pronto a combattere la tirannia.
Grazie Enrico, dovunque tu sia”.