Castiglion del Bosco presenta il libro di Benzi

Cinzia Benzi, Massimo Ferragamo e Cecilia LeoneschiLe donne nel mondo del vino, la loro importanza dal punto dei vista dei maschi, l’esempio di Cecilia Leoneschi, enologa che ha accompagnato la genesi della tenuta di Massimo Ferragamo. Sono i temi trattati nel corso della presentazione del nuovo libro di Cinzia Benzi, “Vino: femminile plurale”, avvenuta nel borgo di Castiglion del Bosco a Montalcino. Un libro che parla di undici storie e quattordici ritratti di donne protagoniste nel panorama enoico. A moderare il dibattito il giornalista Aldo Fiorelli, che ha preso parola per primo nella suggestiva Members’Cellar, la cantina riservata ai clienti più influenti. “Noi toscani tendiamo ad essere provocatori ed ironici” - ha esordito Fiorelli. “Ho quindi apprezzato la delicatezza, in parte piemontese, in parte femminile, del libro. Si nota una sensibilità nel cogliere dettagli che possono fare la differenza. C’è l’aspetto personale ma non il gossip. Spesso tendiamo a parlare del vino in senso stretto e non dei personaggi che ci sono dietro. Una sola cosa non mi è piaciuta: è un libro velatamente androgino. Ma è una concessione dovuta, visto che il mondo del vino è sempre stato maschile e maschilista”.

“Le critiche sono sempre costruttive - risponde la protagonista, l’autrice Cinzia Benzi - e infatti sto già pensando ad altri volumi. Questo libro non vuole essere sessista. Sono convinta che se il vino al singolare è maschile, al plurale è femminile”. “L’idea - continua la Benzi - è nata da una volontà di romanzare una serie di appunti che avevo riguardo donne con cui ho condiviso momenti privati. Volevo fotografare il mondo del vino e far capire che c’è stata un’evoluzione, nata dalla volontà di riscatto”.

Il libro è diviso in undici interviste. Una è a Cecilia Leoneschi, enologa di Castiglion del Bosco, che voleva fare la veterinaria ed è poi inciampata in una vigna. Una volta arrivata nel borgo si è portata dietro il suo cane, quasi a voler unire la sua vecchia vocazione con la nuova professione. “Un giorno - svela Cecilia Leoneschi - arriva Chiara (moglie di Massimo Ferragamo, proprietario di Castiglion del Bosco), vede il cane per terra e mi fa: “ma come, dorme qui, in ufficio?”. Gli risposi che se era un problema, l’avrei portato fuori. “No - rispose - volevo dire dorme qui in terra? Meglio procurargli un tappeto!”.

Che la famiglia di Massimo Ferragamo sia cinofila si intuisce dal suo cane, un maremmano che “abbiamo trovato qua ed ha morso solo due persone, ma per un motivo più che legittimo” - sottolinea divertito Massimo, che spiega poi la scelta di affidarsi ad una donna in un ruolo chiave come quello dell’enologo: “Quando arrivai sapevo pochissimo di vino e decisi di trovare qualcuno che ne capisse per poi imparare di conseguenza. Cecilia mi colpì subito, con lei si parlava di sostanza, non di cose aleatorie”.

A riprendere parola è Cinzia Benzi, che si ricollega all’argomento centrale del dibattito, la femminilità. “Quando ho assaggiato i primi vini di Massimo Ferragamo, ho subito percepito il tocco femminile. Un vino molto fresco, naturale, raffinato, setoso: elementi più femminili. Non avevo dubbi che ci fosse dietro la mano di una donna. Che poi Cecilia è una forza della natura in vigna, deve svolgere una mole di lavoro notevole”. “Beh, è vero” - rimarca la Leoneschi. “È un mondo maschile, dove serve forza fisica, manualità e praticità. Però devo dire che nel mio lavoro non ho trovato blocchi o ostilità. È stato più facile in cantina che in vigna, questo sì”.

Ad un certo punto il dibattito si allontana dalla trama del libro ma non va fuori tema perché si parla sempre di donne. Come la madre di Massimo Ferragamo, che una volta mancato il marito, con sei figli ancora minorenni e nessuna esperienza lavorativa al di fuori della casa, si mise a mandare avanti l’azienda di famiglia. Poi Massimo Ferragamo racconta del come si è avvicinato a quell’angolo di cielo che è Montalcino. “Sono stato vent’anni in Usa, eppure il cuore batteva per la Toscana. Cercavo 4-5 ettari di Brunello però non trovavo la cosa giusta. Un amico mi fece vedere Castiglion del Bosco. Rimasi affascinato, mi mancò il fiato, ma le difficoltà non mancavano. C’erano 60 ettari a Brunello, gran parte del terreno era incolto, gli immobili erano senza tetto. Questo borgo ha cambiato proprietà cinque volte in vent’anni, nessuna gestione ha potuto assaggiare il proprio vino. Insomma, quando sono arrivato, nel 2003, la strada da fare era tanta. Solo adesso si sta iniziando a raggiungere gli obiettivi prefissati, non immaginavo ci volesse tanto tempo. Poi è venuto il campo da golf, non ci siamo fatti mancare niente. Per giocarci bisogna essere iscritti al Club. Per Obama ho fatto un’eccezione, ma gli ho detto che se vuole tornare, deve procedere con l’iscrizione!”.

C’è un solo uomo presente nel libro della Benzi, ma è più che giustificato: Massimo Bottura, suo carissimo amico, che partendo da Expo Milano ha avviato progetti di beneficenza nel recuperare le eccedenze a Rio, Londra e dal prossimo ottobre anche nel Bronx, a New York. Cinzia Benzi ha lavorato per Bottura come volontaria, cucinando, servendo, lavando pure i piatti. “Un giorno, mentre servivo ai tavoli, un uomo mi disse: ‘Ciao Cinzia, come stai?’. Io non lo riconobbi subito ma fui in grande difficoltà. Stavo bene, ma era ovvio che non si poteva dire altrettanto di lui, se era lì. Tramite un registro presenze capii chi era, un grande manager di una multinazionale. Quella cosa mi colpì molto. Dissi che dovevo fare qualcosa, come scrivere un libro e devolvere tutto a Food for Soul, la Ong di Bottura”. Che nella prefazione racconta dell’importanza delle donne nella sua vita. Ma ancor più interessante è la presentazione di Camilla Baresani, con cui ci concludiamo questo articolo:
“Donne che producono vino, donne che lo degustano, donne che lo vendono, donne che lo promuovono, donne che ne scrivono. Sono molte, sono sempre di più. E non c’è stato bisogno di quote rosa, né di suffragette immolate alla causa o di battaglie parlamentari per la parità di genere. È successo spontaneamente, e anzi se vogliamo osservare il fenomeno con la prospettiva dei tempi lunghi della storia, siamo solo all’inizio di una rivoluzione pacifica che sta femminilizzando il mondo del vino”.
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