La “Vintage Chart” 2019 di Wine Enthusiast

La Vintage Chart 2019 di Wine EnthusiastI grandi vini, a loro modo, sono come i titoli di borsa: se le quotazioni azionarie si possono dividere tra “buy or sell”, le grandi bottiglie si possono dividere in “drink or hold”. Ma il nettare di Bacco, prima di tutto, nasce per essere bevuto, e anche le annate più importanti, quelle valutate meglio, evolvono, e vivono un loro picco di qualità entro le quali è bene stappare le bottiglie e gustarle al loro top.

A fornire una “bussola” per orientarsi nel panorama mondiale, sempre più “largo”, geograficamente, e sempre più “lungo”, temporalmente, c’è, tra le altre, la “Vintage Chart” compilata ogni anno da “Wine Enthusiast” (la cui italian editor è Kerin O’Keefe, ndr), che ripercorre, in estrema sintesi, le valutazioni delle ultime 25 annate di produzione delle regioni vitivinicole più importanti del mondo. Secondo cui, per esempio, guardando ai grandi vini italiani, le annate che sono in questo momento al loro picco qualitativo, e quindi da bere, sono la 1998 per il Barolo, la 1996 e la 2004 per il Barbaresco, la 1997 per l’Amarone della Valpolicella, o ancora la 1997 per il Brunello di Montalcino, la 2001 per Bolgheri, o la 1999 per il Chianti Classico, per fare degli esempi, stando sui rossi più importanti del Belpaese.

Una classificazione delle annate che, però, negli anni, si è estesa anche ad altri territorio e ai vini bianchi più importanti d’Italia, protagonisti di una riscossa anche sul fronte dell’invecchiamento. E così, dal Veneto, secondo “Wine Enthusiast” è l’ora di stappare le annate 2009 e 2010 di Soave Classico e Lugana, al loro massimo qualitativo in questo momento, così come la 2012 del Verdicchio, alfiere bianchista del vino delle Marche, o ancora la stessa annata dei bianchi del Collio, dal Friuli Venezia Giulia.

Ma tra le curiosità, guardando alle valutazioni delle annate che, chiaramente, vanno prese come un’indicazione di massima, dal momento che ogni vino è espressione sicuramente dell’andamento climatico, ma anche del lavoro in vigna, in cantina, emerge che, per esempio, tra i grandi rossi d’Italia, dal 1993 ad oggi, il territorio che ha avuto il maggior numeri di grandi annate, ovvero quelle valutate almeno 90/100, la denominazione top è il Chianti Classico, con 22, seguito a pari merito dal terzetto formato dal Brunello di Montalcino, da Bolgheri e dall’Aglianico del Vulture, con 19. Meglio di Barbaresco, con 18 annate sopra i 90/100, a Barolo, con 17, e all’Amarone della Valpolicella, con 16.

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