Vino & inclusione, il bel progetto tra le vigne di Brunello

I migranti al lavoro a Casal del BoscoC’è chi arriva dal Togo, chi dal Mali, chi dal Pakistan. E poi Ghana, Nigeria, Guinea Bissau, Sierra Leone, Benin e Gambia. 24 giovani migranti, richiedenti asilo o titolari di protezione internazionale, si trovano in una delle terre del vino più famose al mondo, tra i filari dove nasce il Brunello di Montalcino. A Casal del Bosco, per la precisione, sede di Tenute Silvio Nardi, l’azienda che ha deciso di partecipare a un progetto che ha come obiettivo la tutela della salute dei migranti attraverso la formazione professionale e l’inserimento lavorativo in agricoltura, a partire dallo sviluppo delle conoscenze per la potatura della vite e dell’olivo. Un percorso articolato, sostenuto da fondi europei intercettati dalla Regione Toscana, attuato dall’Asl Toscana sud est, che ha richiesto l’impiego di varie competenze, dall’agronomo alla psicologa, dagli esperti di medicina del lavoro a quelli della sicurezza sul luogo di lavoro, fino alla mediazione culturale e l’accompagnamento.

Emilia Nardi, presidente di Tenute Silvio Nardi“È un’iniziativa che rispecchia il dna della nostra famiglia, il lavoro è fondamentale per ognuno di noi e mi è sembrato importante un’opportunità di formazione e inserimento a queste persone”, spiega la titolare della cantina, Emilia Nardi, figlia di Silvio Nardi, primo “forestiero” (anche se veniva dalla vicina Umbria) ad investire nel vino a Montalcino, nel 1958.

L’obiettivo primario del progetto, che si chiama “Icare” (Integration and community care for asylum and refugees in emergency) e si sviluppa nell’arco di 6 mesi, è garantire la salute dei migranti, sottolinea il direttore dei servizi sociali dell’Asl Toscana sud est, Lia Simonetti, “e in questo quadro rientra la formazione per l’inserimento nel mondo del lavoro. Un finanziamento europeo ha sostenuto il progetto presentato dalla Regione, abbiamo trovato un’azienda disponibile e una cooperativa che ha saputo mettere insieme le professionalità per attivare un’azione a tutto campo: il risultato è favorire un approccio al mondo del lavoro con tutte le garanzie di formazione e sicurezza”. La cooperativa citata è la cooperativa agricola sociale San Francesco, con sede nel Senese. “Il lavoro – afferma la presidente Nicola Peirce – è il primo passo per favorire un percorso di vera integrazione. Il nostro obiettivo è alzare la qualità della formazione di queste persone in modo che diventino autonome per le aziende, che hanno sempre bisogno di manodopera preparata”.

Tutti i protagonisti del progetto IcarePer Stefania Magi, direttore Uos Medicina interculturale e percorsi di inclusione dell’Asl Toscana sud est, l’intento è anche quello di “sostenere la salute psico-fisica della persona attraverso la formazione professionale, garantendo conoscenze pratiche e teoriche spendibili sul territorio, per un inserimento lavorativo stabile”, mentre Maria Jose Caldes Pinilla, direttore del Centro salute globale della Regione Toscana e responsabile scientifica del progetto, osserva che “durante gli ultimi due anni sono state svolte svariate attività a livello dei servizi territoriali delle tre aziende Ausl della Toscana. Nello specifico, l’Asl sud est ha lavorato in rete con diversi servizi pubblici e del privato sociale del territorio, sviluppando molte attività di alfabetizzazione, formazione e sensibilizzazione rivolte alla popolazione target di Icare. Le azioni oggetto di questa iniziativa sono parte integrante di un modello di salute che vede nel lavoro la chiave di volta per migliore le condizioni di vita delle persone. La possibilità di inserirsi all’interno di un percorso di formazione professionale significa offrire una speranza verso un futuro migliore, e la speranza restituisce dignità”.

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